CELEBRAZIONE DELL’UNZIONE DEGLI INFERMI nell’Infermeria della Casa Provinciale
La misura di maturità nella fede di una comunità cristiana è la sensibilità e la capacità di attenzione ai membri al suo interno più fragili, sofferenti e malati, affinché non si sentano isolati, dimenticati e soli.
Spesso il Santo Padre Francesco lancia un campanello di allarme contro quella che è la cultura odierna dello scarto che rischia di contagiare tutti gli ambiti della società: lavoro, famiglia e anche chiesa. Si rischia di accantonare, per non dire più brutalmente, rottamare, l’anziano, il malato, ovvero chi non produce e non promette un qualche guadagno. Ma la parola di Dio ci provoca a ESSERE ALTERNATIVI, a praticare vie sempre scomode: il piccolo, il più fragile nella famiglia o nella comunità, come per noi, ci è di richiamo continuo alla nostra realtà più vera e profonda di povertà profonda, di limite e per questo dobbiamo considerarlo la ricchezza più preziosa.
Saggiamente in comunità è stata fatta la scelta, di vivere assieme alle sorelle più anziane e sofferenti, la celebrazione del Sacramento dell’unzione degli infermi, per affidare ogni dolore e desiderio di guarigione. Ma in prossimità della celebrazione giustamente la superiora ha sottolineato che non si tratta di una grazia aperta solo alle anziane o prossime a morire, ma è un sacramento offerto alla guarigione di ogni tipo di male, fisico e spirituale. Qualsiasi persona allora sa se ha bisogno di accostarsi a chiedere l’olio della consolazione che rinfranca la fede e purifica, come dice l’apostolo Giacomo.
Abbiamo così vissuto un tempo di grazia molto intenso in cui, accanto alle suore dell’infermeria, abbiamo visto schierarsi molte altre di noi: è stata una sensazione molto bella, quella di trovarci tutte ugualmente bisognose di fronte alla preghiera della Chiesa, delle sorelle.
Credo che momenti come questi vadano vissuti, gustati e condivisi spesso insieme, perché sono pause nel cammino che ci danno la misura di chi siamo in realtà di fronte a Dio e ai fratelli, a prescindere dal lavoro, dai ruoli, dai numerosi rituali che segnano la routine quotidiana. Ci rendono più capaci di fermarci, di ascoltare, di raggiungere i bisogni di chi non ce la fa.
Girando a volte nelle case per il servizio di carità o distribuzione dell’eucaristia, si assiste, a volte, a delle scene desolanti: anziani soli senza un minimo di assistenza, oppure disabili che fanno miracoli per far fronte ai loro bisogni senza l’aiuto di nessuno, perché vivono da soli. Forse il compagno di una vita è deceduto oppure non c’è stato nessuno. Difficilmente qualcuno viene a conoscenza di tali situazioni di bisogno oppure se ne tiene alla larga, perché spesso a fianco della solitudine si aggiungono poi situazioni di degrado… Difronte a queste situazioni il pensiero va alla nostra linda comunità di infermeria, dove le sorelle anziane vengono assistite da un punto di vista medico con scrupolo e competenza, lungo tutto il tempo della malattia. Sempre penso alla grazia che abbiamo di qualcuno che si prende cura nella Congregazione per ogni suora che ha bisogno: … non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre causa mia che non riceva già al presente cento volte tanto e nel futuro la vita eterna.(cfr Mc10,29)