19/03/2024

A 550 anni dalla morte dell’eroe nazionale Giorgio Kastriot Skanderbeg Papa Francesco, il 19 novembre, riceve una delegazione di Albanesi composta dai leader della religione Cattolica, Ortodossa e musulmana. Tra i temi affrontati la pacifica convivenza tra religioni
“L’Albania «è parte integrante dell’Europa e per mezzo delle sue più nobili e vive tradizioni documenta le origini della sua stessa civiltà», tuttavia necessita di un «autentico ed equilibrato sviluppo, in modo che le giovani generazioni non siano poste nella condizione di scegliere l’emigrazione, indebolendo il Paese di forze e di competenze indispensabili alla sua crescita umana e civile».
Il Santo Padre parte dalla figura di Giorgio Kastriot Skanderbeg, in onore del quale la nazione balcanica ha deciso di indire uno speciale “Giubileo”: «Eroico figlio di un popolo forte e generoso che ha difeso con coraggio i valori spirituali e il nome cristiano, fino al punto di meritare il titolo di “Atleta Christi”», Skanderbeg «ha forgiato con le sue gesta l’identità culturale albanese, diventando indiscusso simbolo di coesione e unità nazionale, e interprete in sommo grado dei valori di scrupolosa fedeltà agli impegni liberamente assunti», afferma il Papa.
L’importanza della figura e dell’opera di Skanderbeg è ben rappresentata dalla bandiera albanese, con l’aquila nera bicipite su fondo rosso, che ricalca lo stemma dell’eroe. «Poche volte nella storia – annota il Pontefice – un singolo individuo ha incarnato in modo tanto netto e in così vasta misura le virtù di un popolo». Dopo la sua morte e dopo l’invasione dell’Albania da parte dei Turchi, molti albanesi preferirono emigrare e numerosi si stabilirono in Italia, nel centro della penisola e nel meridione, specialmente in Calabria e in Sicilia, dando origine alle Circoscrizioni ecclesiastiche albanesi di Lungro, Piana degli Albanesi e Grottaferrata. È così che sono nati i gruppi di arberesh, italo-albanesi che conservano tradizioni ed espressioni linguistiche tramandate da secoli. Molti di loro sono presenti con i rispettivi vescovi all’incontro in Vaticano. La loro presenza «ci porta con l’immaginazione all’atmosfera dell’Albania di Skenderbeg, e conferma che l’eroe albanese rimane un valido ponte per il mantenimento di fruttuosi legami degli arberesh con la loro terra d’origine».

Il Santo Padre esprime quindi l’auspicio che l’Anno Nazionale di Skenderbeg proclamato nel Paese «non si limiti alla celebrazione della gloria della gesta passate, ma sia per l’Albania anche l’occasione propizia per un rinnovato impegno di tutti, istituzioni e cittadini, a favore di un autentico ed equilibrato sviluppo, in modo che le giovani generazioni non siano poste nella condizione di scegliere l’emigrazione, indebolendo il Paese di forze e di competenze indispensabili alla sua crescita umana e civile». Come nel suo viaggio del 21 settembre di quattro anni fa, Bergoglio plaude poi alla «albanesità» degli abitanti del Paese balcanico, ovvero quella virtù, che indica «l’identità spirituale che unisce tutti gli albanesi al di là delle distinzioni di carattere religioso». Proprio questa convinzione evidenzia Francesco diede impulso in Albania alla pacifica convivenza tra persone appartenenti a religioni diverse, divenuta col tempo collaborazione e fraternità». In Albania vige un «clima di rispetto e fiducia reciproca tra cattolici, ortodossi e musulmani»: esso è «un bene prezioso» soprattutto in un momento storico come quello attuale lacerato da sanguinosi conflitti estremisti. Il “modello Albania” mostra che «la pacifica convivenza tra cittadini appartenenti a religioni diverse è una strada concretamente percorribile che produce armonia e libera le migliori forze e la creatività di un intero popolo, trasformando la semplice convivenza in vera collaborazione e fratellanza» Assicura poi che «La buona disposizione a considerare le differenze come occasione di dialogo e di reciproca stima e conoscenza, favorisce lo sviluppo di cammini spirituali autentici e diventa un valido esempio a cui guardare con vero interesse per costruire una pace duratura, fondata sul rispetto della dignità della persona umana». Quella che hanno testimoniato grandi personalità come Madre Teresa o i martiri – numerosi in Albania nel periodo della dittatura comunista – con la loro fede pagata «al prezzo della vita».
L’incontro con il Papa era stato preceduto domenica 18 novembre da un numeroso raduno di albanesi emigrati in Italia durante il quale il Vescovo di Tirana Mons. Frendo ha celebrato una solenne Eucaristia alla quale ha partecipato Sr Mary Madappallil.