16/02/2025

“Abbiate coraggio: Io ho vinto il mondo”   Gv. 16, 33

Unica Speranza

Così cerca di prolungarsi il pianto nella notte,
ma già il mattino sorge:
mistero d’amore è la nostra parabola.
Dov’è la vittoria della morte?
Un forte vento toglierà la pietra
anche dal nostro sepolcro.
Il futuro è già presente e viene incontro,
luce adorna come fiori le piaghe,
resurrezione ha nome il nostro giorno.

                          David Maria Turoldo

Questa poesia di Turoldo, dedicata a medici, infermieri e sacerdoti deceduti nell’impegno di garantire cure, assistenza e conforto ai malati di Covid, interpreta bene i sentimenti che questo tempo di emergenza suscita dentro di noi e la ricerca del senso cristiano con cui vivere la pandemia.

Tutto è cominciato il 5 marzo 2020, quando sono state chiuse le scuole in tutta Italia a causa del Coronavirus. È stata una sorpresa per tutti, perché mai avremmo pensato che potesse capitare anche a noi ciò che dal mese di gennaio stava succedendo alla Cina. Se da una parte abbiamo pensato: Beh, una pausa ci fa anche bene per dedicarci a quelle cose che, a motivo di tanti impegni, si trascurano, dall’altra ci ha anche portate a riflettere e a farci le domande su cosa il Signore ci sta chiedendo, qual è la sua volontà, quale sarà il nostro futuro se veniamo coinvolte dall’inevitabile conseguente crisi economica, cosa siamo chiamate a vivere “oggi” come Francescane Missionarie del S. Cuore?

Finire tutti in quarantena ha spaventato un po’, perché è una cosa insolita, che ha del surreale. Non si è vista mai una cosa del genere, non poter fare liberamente le cose di sempre, non poter fare scuola ai bambini, incontrare le persone, le famiglie, i ragazzi della parrocchia, non poter perfino andare a Messa. Ci siamo trovate a dover riorganizzare le nostre giornate, la didattica a distanza, gli impegni pastorali che, ovviamente, non si potevano svolgere più: catechesi, oratorio, pastorale dell’Eucarestia, pastorale della consolazione ai malati. Tutto è cambiato! Da subito ci siamo dedicate alla pulizia e al riordino degli ambienti scolastici, a tagliare l’erba delle aiuole davanti all’ingresso; poi abbiamo ripulito il giardino sradicando l’erba tutt’intorno alla scuola e davanti alla nostra abitazione. Avevamo più tempo a nostra disposizione per cui ci siamo dedicate alle faccende quotidiane, alla cura della nostra casa, semplice, ma grande e spaziosa. Questo, il nostro “fare”.

La quarantena, tuttavia, ha avuto anche il suo lato positivo, quello di favorire una relazione fraterna comunitaria più intensa, più condivisa. Ha permesso che avessimo più tempo per stare insieme, che i momenti dei pasti fossero più prolungati con una conversazione serena e allegra; ha permesso che ci fosse maggiore condivisione nel fare insieme lavori, che abitualmente erano fatti sempre dalla stessa persona. Questo tempo di chiusura, quasi un perenne ritiro, ha favorito una sentita partecipazione umana e spirituale alle sofferenze di coloro che erano stati colpiti dal Covid.

Intanto abbiamo seguito quotidianamente i notiziari televisivi che, purtroppo, ci davano via via sempre più brutte notizie. Quei volti, quei tanti occhi che abbiamo visto al di sopra delle mascherine, di malati, di medici, infermieri ed operatori sanitari; quegli sguardi profondi e interrogativi, che lasciavano intuire le parole non dette, la stanchezza e le fatiche del tanto lavoro, la sofferenza enorme per non poter fare di più per chi stava lottando tra la vita e la morte. Quei numeri… tanti… tantissimi, che ogni giorno aumentavano sempre di più sia di contagiati, sia di morti; le lunghe file di bare che lasciavano presagire il peggio. E poi, il silenzio… il silenzio dei malati che non potevano parlare e dire la loro solitudine (così le testimonianze di medici e infermieri che li assistevano), e la sofferenza dei loro cari che non potevano visitarli e confortarli. Ecco, tutto questo ci ha coinvolte in una sofferenza di partecipazione e di limite. Di partecipazione perché il dolore altrui ci ha spinte a pensare come e cosa fare per aiutarli; di limite perché il desiderio di andare in soccorso era tale che, se fosse stato possibile, qualcuna sarebbe partita per andare in aiuto dove maggiormente c’era bisogno. Così la nostra riflessione comunitaria su cosa e come fare, ci ha portate a considerare che l’aiuto più grande che potevamo dare, era metterci in preghiera, nella certezza che soltanto Colui che ha vinto la morte può liberare l’uomo dalla morte. Abbiamo così deciso di prolungare il tempo della preghiera, dedicando ogni giorno due ore di adorazione a Gesù eucarestia, nella convinzione che lo stare davanti a Lui era il modo migliore di partecipare alle sofferenze di tutta l’umanità e di rispondere al nostro essere “missionarie” più significativo ed effettivo.

Tanta solitudine e smarrimento li abbiamo colti anche dalle persone della nostra realtà di Colonnata, dalle famiglie della nostra scuola, dalle persone della parrocchia, dalle persone anziane che visitavamo o alle quali portavamo la comunione. Così abbiamo voluto essere missionarie di consolazione attraverso l’unica via che ci era possibile, gli strumenti di comunicazione. Quanta solitudine, quanta sofferenza abbiamo colto nelle persone, soprattutto anziane, che aspettavano con gioia la venuta della suora con l’Eucarestia e ora gioiscono per una semplice telefonata. Quanto bisogno di incontro, di dialogo, di vicinanza abbiamo percepito dalle parole dei genitori e dei loro bimbi, dai parrocchiani, dai ragazzi della catechesi. Molti ci hanno raccontato che attendevano con piacere la nostra chiamata o l’invio di materiale formativo, i foglietti parrocchiali su whatsapp, unica via per raggiungerli. Quanta consolazione, quanto incoraggiamento, quante parole di fiducia trasmesse a coloro che ci chiamavano nei momenti più tristi. E quante lacrime… per tanta sofferenza! Questo, il nostro “essere”.

Abbiate coraggio: Io ho vinto il mondo.

La quarantena forzata ci ha provocato a chiederci come è la nostra fede di fronte al mistero della morte, la misura della nostra dedizione a Dio e ai fratelli, la forza della speranza, la fiducia nella promessa di Cristo: Io ho vinto il mondo? … Possiamo dire che tutti abbiamo attraversato il buio della notte, per alcuni notte di dolore, per altri notte di smarrimento, per altri di solitudine, per altri ancora la notte del non ritorno, ma … dal giorno di Pasqua per tutti è giorno di resurrezione perché ciascuno può contare su Colui che ha detto: Abbiate coraggio: Io ho vinto il mondo.

Comunità di Colonnata 16/05/2020