Mi hai fatto provare molte angosce,
mi hai dato vita e tornerai a consolarmi.
Mi è stato chiesto di scrivere qualcosa riguardo la mia esperienza di persona colpita dal Covid 19 dal quale sono stata contagiata in Albania a metà luglio, ma nessuno è stato in grado di diagnosticare la malattia e io stavo male, sempre più male
Mi sono detta ma cosa devo raccontare? I sintomi sono più o meno gli stessi e tutti ormai li conoscono, ma la cosa più brutta è quando non c’è diagnosi, non ci sono cure e tutti prescrivono medicine che non danno alcun effetto. Non ci sono strutture che ti possono curare, ti senti sola, inerme: questo ho provato in Albania e mi sembrava di morire, invocavo la morte. Una sorella mi ha detto:” Il Signore ti vuole bene!” ed è vero, infatti con il suo aiuto sono arrivata a Roma alle 18,30 del tre agosto e sono stata accompagnata direttamente in ospedale da Suor Cristiana e da sr Cristina. Tutto è stato molto veloce, la notte stessa mi hanno sottoposto a tante analisi: prelievi, tampone, Tac con la chiara diagnosi di polmonite interstiziale. Quella notte è stata un’esperienza che non potrò mai dimenticare tanto ero disperata per la mancanza di acqua di cui avevo estrema necessità. E mi tornavano in mente le parole del Salmo…” Mi si attacchi la lingua al mio palato…” Non potevo comprare l’acqua, non riuscivo a comunicare. Finalmente mi hanno portato un bicchiere d’acqua, ma non era niente per la mia sete, ho cercato di sorseggiarla con l’illusione che aumentasse di volume, poi un paziente che ha capito in che situazione stavo, mi ha offerto una bottiglia d’acqua. Il giorno dopo, completati tutti gli accertamenti e con una seria diagnosi, sono stata trasferita allo Spallanzani di Roma, sola con me stessa in una stanza del reparto di alto contagio, dove di tanto in tanto veniva qualche infermiere ben protetto, a continuare i prelievi.
Ho avuto tutto il tempo di pensare a me stessa, come ho vissuto la mia vita consacrata e missionaria, mi tornavano alla mente gli errori commessi, pensavo alle volte in cui non ho dato il meglio di me stessa e mi dicevo: ”Il Signore avrà pietà di me”.
Pensavo a tante persone che mi hanno dato il buon esempio e che adesso non ci sono più, pensavo a come mi potevo preparare all’incontro con lo Sposo.
Dopo qualche giorno ho peggiorato e allora mi hanno trasferita nel reparto di terapia intensiva.
Per prima cosa mi hanno presentato una maschera dicendomi: ”Lei odierà questa maschera, ma è necessaria, più riesce a tenerla e più certa è la guarigione!” I primi giorni ho dovuto resistere fino a 24 ore, poi piano piano ho goduto di qualche intervallo. Che sollievo!
Avevo la testa piena di ematomi a causa delle strisce che stringevano la maschera per evitare che l’ossigeno uscisse. Certamente la medicina ha fatto la sua parte, ma io mi ritengo fortunata perché ho avuto il conforto della mie sorelle e di tanti conoscenti che hanno pregato per me.
Sapere che tutti pregano per te e ti sono vicini con il loro affetto, ti dà molto conforto, non ti senti più sola e senti l’intercessione di tutti che chiedono la guarigione.
Devo una grande riconoscenza a tutto il personale medico e infermieristico: per me sono stati una rivelazione di umanità, di serenità, di competenza professionale e di disponibilità.
Ma il mio grazie speciale va al Signore che voglio continuare ad amare e servire, ai miei superiori e a tutte le sorelle della Congregazione che hanno pregato e sofferto per me.
Ti rendo grazie Signore!
Ti rendo grazie, Signore
tu hai fatto cose grandi:
chi è come te, o Dio?
20 Mi hai fatto provare molte angosce e sventure:
mi dai ancora vita,
21 accresci la mia grandezza
e torni a consolarmi.
22 Allora ti renderò grazie sull’arpa,
per la tua fedeltà, o mio Dio;
ti canterò sulla cetra, o santo d’Israele.
23 Cantando le tue lodi, esulteranno le mie labbra
e la mia vita, che tu hai guarito.
24 Anche la mia lingua tutto il giorno
proclamerà la tua grandezza!
Cfr. Salmo 30