27/04/2025
9781923033108

A Cura di P. VINCENZO BATTAGLIA, OFM

Il giorno 25 gennaio abbiamo avuto un momento formativo molto importante: il Francescano P. Vincenzo Battaglia ci ha presentato l’enciclica Dilexit nos. Erano collegate con noi anche tutte le sorelle della Provincia.

n.1 «Ci ha amati», dice San Paolo riferendosi a Cristo (Rm 8,37), per farci scoprire che da questo amore nulla «potrà mai separarci» (Rm 8,39) …
Il suo cuore aperto ci precede e ci aspetta senza condizioni, senza pretendere alcun requisito previo per poterci amare e per offrirci la sua amicizia: Egli ci ha amati per primo (cfr 1 Gv 4,10). Grazie a Gesù «abbiamo conosciuto e creduto l’amore che Dio ha in noi» (1 Gv 4,16).
Queste le parole con le quali Papa Francesco vuole aprire la sua lettera enciclica sull’amore di Dio per noi, tutto racchiuso ed espresso nel Cuore, nella vita di carne data e donata di Gesù, suo Figlio. E’ quasi una premessa al suo messaggio e per noi Francescane Missionarie del Sacro Cuore, non poteva passare inosservato il tesoro racchiuso in questa enciclica, prezioso per vivere meglio il nostro carisma.
P. Vincenzo Battaglia ci ha aiutate a conoscere in modo profondo e organico il contenuto dell’intera lettera arricchito dalle sue conoscenze teologiche di professore affermato presso l’Università Pontificia Antonianum.
In apertura p. Vincenzo ci ha, ulteriormente motivate all’ascolto, richiamandoci il nostro essere radicate per carisma nel cuore di Gesù, citando le nostre Costituzioni all’articolo 4:
“Dal suo Cuore trafitto le suore attingono Amore redentivo, profonda Benevolenza e Zelo apostolico per l’umanità. “
Abbiamo colto il valore formativo della lettera del Papa, che per noi può rinvigorire l’adesione al nostro Carisma e alla Nostra Missione.
La sua esposizione è stata, poi, ordinata secondo lo svolgimento dell’enciclica capitolo per capitolo in una sintesi teologica attenta a temi di interesse particolare.
Nel primo paragrafo ecco l’Oggetto della Lettera con le sue fonti: Padri della Chiesa, Sacra Scrittura, Magistero Ecclesiale e, aldilà della notizia culturale, in tutto questo abbiamo colto un tema fondamentale dell’Enciclica:
“Il culto del Sacro Cuore di Gesù conduce a respingere e destituire di validità “forme di spiritualità rigoriste e disincarnate “(p. Vincenzo Battaglia)
E’ importante questa sottolineatura perché con essa si vuole riaffermare la bontà di tutta la realtà umana: corpo e spirito.
Sappiamo che nella storia della spiritualità cristiana c’è stato un tempo, nel medioevo, in cui la carne è stata sempre considerata realtà negativa, da punire, in quanto fragile e portatrice di peccato, mentre nello spirito è l’unica fonte di vita eterna e di salvezza. Finalmente con s. Francesco D’Assisi, innamorato di Gesù, Dio fatto carne e di tutte le creature, comincerà una rilettura positiva della realtà umana: l’uomo è stato creato a immagine e somiglianza di Dio. In quanto a somiglianza si fa certo riferimento a Gesù, Uomo perfetto a cui Dio guarda nel momento della creazione e al suo Cuore che, secondo il nostro documento non comprende solo l’aspetto spirituale, ma anche quello umano, inclusi i sentimenti, le passioni, i desideri.
Il nostro relatore ci sottolinea la centralità del cuore e dell’umanità nel progetto di Dio da riscoprire citando dalla lettera enciclica di Francesco:

  1. In questo mondo liquido è necessario parlare nuovamente del cuore; mirare lì dove ogni persona, di ogni categoria e condizione, fa la sua sintesi; lì dove le persone concrete hanno la fonte e la radice di tutte le altre loro forze, convinzioni, passioni, scelte. Ma ci muoviamo in società di consumatori seriali che vivono alla giornata e dominati dai ritmi e dai rumori della tecnologia, senza molta pazienza per i processi che l’interiorità richiede. Nella società di oggi, l’essere umano «rischia di smarrire il centro, il centro di se stesso». [6] «L’uomo contemporaneo, infatti, si trova spesso frastornato, diviso, quasi privo di un principio interiore che crei unità e armonia nel suo essere e nel suo agire. Modelli di comportamento purtroppo assai diffusi ne esasperano la dimensione razionale-tecnologica o, all’opposto, quella istintuale». [7] Manca il cuore.
    Dunque il cuore è il centro unificatore di noi stessi dove si gioca l’unificazione di pensieri, emozioni, sentimenti e decisioni; alla fine, perciò è degno di ogni cura e diligente formazione, sì, perché il cuore ha pure i suoi limiti. Non è infallibile:
  2. Questo non significa fare troppo affidamento su noi stessi. Stiamo attenti: rendiamoci conto che il nostro cuore non è autosufficiente, è fragile ed è ferito…
    Abbiamo bisogno dell’aiuto dell’amore divino. Andiamo al Cuore di Cristo, il centro del suo essere, che è una fornace ardente di amore divino e umano ed è la massima pienezza che possa raggiungere l’essere umano. È lì, in quel Cuore, che riconosciamo finalmente noi stessi e impariamo ad amare.
    Oggi il verbo amare è ormai inflazionato, ma guardando a Gesù nei Vangeli, le sue azioni, relazioni, l’espressione dei sentimenti, dell’amore divino-umano racchiuso nel suo cuore, tutti possiamo trovare ispirazione e forza per imparare davvero ad amare, a donare noi stessi.
    Così il secondo capitolo “Gesti e parole d’amore”, propone una lettura sintetica dai vangeli di quale sia la sensibilità affettiva dei sentimenti di Gesù, così come si colgono nelle sue parole, azioni, sguardi, gesti per trasmettere la Misericordia del Padre.
  3. … a volte Gesù ci parla interiormente e ci chiama per portarci nel posto migliore. E il posto migliore è il suo Cuore. Ci chiama per farci entrare lì dove possiamo recuperare le forze e la pace: «Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro» (Mt 11,28). Per questo ha chiesto ai suoi discepoli: «Rimanete in me» (Gv 15,4)
    Stare nel cuore di Cristo, non può che cambiare la nostra vita. La fine Pedagogia di Papa Francesco passa dal pensiero, il pensiero all’azione: conoscere e amare una persona, ci spinge a cambiare il nostro agire.
    A questo punto nel terzo capitolo l’enciclica prende in esame la DEVOZIONE AL S. CUORE di GESU’ che di certo “non è il culto a un organo separato dalla persona di Gesù”, come affermò PioXII nell’enciclica Haurietis aquas.
    Francesco sottolinea che il cuore non è l’oggetto della devozione né tantomeno dell’adorazione e che l’immagine sicuramente è richiamo alla realtà vera della Persona completa umana e divina di Gesù, Salvatore, Morto e Risorto. Egli per infinito amore ha voluto incarnarsi ed è SACRAMENTO di SALVEZZA.
    60.“…Il suo cuore non è dunque un simbolo fisico che esprime soltanto una realtà spirituale o separata dalla materia. Lo sguardo rivolto al Cuore del Signore contempla una realtà fisica, la sua carne umana, e questa rende possibile che Cristo abbia emozioni e sentimenti umani, come noi, benché pienamente trasformati dal suo amore divino. La devozione deve raggiungere l’amore infinito della persona del Figlio di Dio, ma dobbiamo affermare che esso è inseparabile dal suo amore umano, e a tale scopo ci aiuta l’immagine del suo cuore di carne.
    Nel conemplare il cuore, la vita di Cristo, l’amore di Dio diviene più concreto e palpabile. Egli si è fatto uomo per entrare a pieno titolo nella condizione umana, assumendo tutto della vita di un umano fino alle esperienze più estreme come peccato, malattia, dolore, morte. Solo assumendo tutto su di sé Lui sapeva di poterlo redimere, risanare. In questo senso la devozione al Sacro Cuore di Gesù si lega strettamente al mistero della passione e morte di Gesù, specie alla contemplazione del suo cuore trafitto sulla croce.
    Il capitolo 5° presenta una rassegna su vari esponenti della tradizione a partire dai Padri della Chiesa che hanno elaborato una teologia in base alla salvezza che scaturisce dal Cuore di Gesù Crocifisso. Essi ne sono rimasti, poi, profondamente segnati a livello di esperienza di fede. Si pensi a s. Bonaventura, s. Bernardo, Angela da Foligno, Francesco di Sales, Margherita Alacoque ecc.
    Merita menzione in questo capitolo l’accento posto dal santo Padre sulla spiritualità della Consolazione: sebbene risorto, Gesù conserva le ferite inflitte nella carne. Continua a soffrire per la solitudine, il rifiuto, l’abbandono di tanti cristiani che peccano, per cui gradisce la consolazione.
  4. La ferita del costato, da cui sgorga l’acqua viva, rimane aperta nel Risorto. Questa grande ferita prodotta dalla lancia e le piaghe della corona di spine, che spesso appaiono nelle rappresentazioni del Sacro Cuore, sono inseparabili da questa devozione. In essa, infatti, contempliamo l’amore di Gesù che è stato capace di donarsi fino alla fine…. È inevitabile che il credente desideri rispondere non solo a questo grande amore, ma anche al dolore che Cristo ha accettato di sopportare per tanto amore.
  5. Vale la pena di recuperare questa espressione dell’esperienza spirituale sviluppata attorno al Cuore di Cristo: il desiderio interiore di dargli consolazione…. Ora vorrei concentrarmi soltanto su quel desiderio che spesso affiora nel cuore del credente innamorato quando contempla il mistero della Passione di Cristo e lo vive come un mistero che non solo viene ricordato, ma che per grazia si rende presente, o meglio, ci porta a essere misticamente presenti a quel momento redentivo. Se l’Amato è il più importante, come allora non volerlo consolare?
    All’impegno di consolare Cristo condividendo la sua sofferenza, segue un approccio più sociale e missionario della devozione al Cuore di Gesù. Se ne parla nel quinto e ultimo capitolo della nostra enciclica: l’amore di Cristo attinto al suo cuore va prolungato, portato ai fratelli, ciò richiede che trasformiamo il nostro io egoista, assumendo i tratti del cuore di Cristo:
    n.168. L’amore per i fratelli … non è il risultato di un nostro sforzo naturale, ma richiede una trasformazione del nostro cuore egoista. ..Per questo stesso motivo, l’invito di San Paolo non era: “Sforzatevi di fare opere buone”. Il suo invito era precisamente: «Abbiate tra voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù» (Fil 2,5)
    La condivisione dei sentimenti del cuore di Cristo ci rende capaci di cogliere le stesse urgenze, i mali, le sofferenze umane per cui Gesù stesso patisce e soffre fino alla fine dei tempi; per dare riscatto, sollievo e salvezza. In questa comunione di sentimenti si innesta una nuova dimensione di esperienza spirituale: la RIPARAZIONE.
    Tale pratica spirituale non è da intendersi come una serie di preghiere o sacrifici espiatori del male compiuto nel mondo, come spesso inteso, ma, stando alla dimensione sociale, significa vincere il male col bene ed impegnarsi a curare, lenire le ferite inferte alla società da violenza, odio, dal peccato in genere.

n.184 La riparazione cristiana non può essere intesa solo come un insieme di opere esteriori, che pure sono indispensabili e talvolta ammirevoli. Essa esige una spiritualità, un’anima, un senso che le conferisca forza, slancio e creatività instancabile. Ha bisogno della vita, del fuoco e della luce che vengono dal Cuore di Cristo.
Molto fraternamente da buon francescano, p. Vincenzo ha concluso il suo intervento con delle espressioni adatte alla nostra identità di FMSC, tratte dalle ultime battute della Dilexit nos:
n.209. La missione, intesa nella prospettiva di irradiare l’amore del Cuore di Cristo, richiede missionari innamorati, che si lascino ancora conquistare da Cristo e che non possano fare a meno di trasmettere questo amore che ha cambiato la loro vita…
n.210 Non c’è proselitismo in questa dinamica d’amore: le parole dell’innamorato non disturbano, non impongono, non forzano, solamente portano gli altri a chiedersi come sia possibile un tale amore. Con il massimo rispetto per la libertà e la dignità dell’altro, l’innamorato semplicemente spera che gli sia permesso di raccontare questa amicizia che riempie la sua vita.
Con queste parole così ricche di spirito e di provocazione ad approfondire sempre più la propria relazione di amore con Gesù “cuore a cuore”, per contagiare gli altri con la bellezza e la luce che sempre l’Amore vero sa diffondere intorno, P. Vincenzo ha concluso la sua relazione.

Grazie al santo Padre per un’occasione così preziosa per riappropriarci di un aspetto del nostro Spirito di Vita!

Suor Floriana Saltarelli

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