Il 20 agosto arriva alla nostra Missione don Antonio Giovannini, già nostro Parroco per cinque anni fino al 2014.
Durante gli anni di missione a Tropoja aveva scoperto , in alto sulle montagne di Raja, i resti di una chiesa chiamata dalla gente “Chiesa delle ragazze” perché’ si dice che là seppellivano le ragazze morte in tenera età. In realtà si tratta di una chiesa antica, risalente al Secolo XIII e che verrà conquistata e distrutta dai musulmani durante il dominio turco in Albania, durato ben 600 anni : è la chiesa di Anqiti la cui memoria nella zona è stata sempre tramandata di padre in figlio conservando vivo il rispetto e la venerazione di tutta la popolazione.
Al risveglio dalla lunga notte del regime comunista, nel 1990, ci sono stati mille altri problemi da affrontare per ridare dignità, lavoro e speranza alla popolazione, così che solo ora si comincia ad interessarsi di mettere in luce l’arte occupandosi anche di archeologia. Ma lo Stato a Tropoja è molto lontano e ancora non ha nei suoi programmi la ricerca delle ricchezze di questa zona. Pensate che a Raja esistono anche delle Grotte con stalattiti e stalagmite con cunicoli che scendono fino al lago sottostante. Purtroppo nessuno se ne cura e sono rifugio degli animali che vanno a riposare nelle ore calde quando sono al pascolo.
Bene, don Antonio a suo tempo visitava spesso i resti di questa chiesa e, aiutato dalla gente, cercava di liberarla dalle sterpaglie che crescevano sia all’interno che intorno, ma lo sforzo era quasi inutile. Accarezzando sempre nel cuore il desiderio di poter fare qualcosa di più, quest’anno è arrivato da Milano con due bravi giovani decisi a dedicare le loro vacanze alla cura della chiesa di Anqiti.
Per loro fortuna contemporaneamente arrivano alla Missione anche Angelo, Antonio e Michele tre seminaristi della Diocesi di Milano e 7 scout con il Gesuita P. Bertrand.
Provvidenzialmente si forma una bella squadra di lavoro ben coordinata, ammirevole nell’interesse e nella buona volontà e in quei torridi giorni di agosto sono saliti lassù armati di picconi, badili, martelli e quant’altro e hanno lavorato sodo per tagliare gli alberi che erano nati dentro le mura perimetrali della chiesa, per scavare e liberare dalla terra fino a giungere al pavimento. Tutte le pietre che sono venute alla luce sono state ben disposte l’una sopra l’altra a formare il muro. Bella poi è stata l’idea di concludere i lavori con la celebrazione di una Santa Messa invitando i fedeli di Raja che hanno accolto l’invito e sono saliti numerosi a celebrare nuovamente il Mistero Eucaristico in un luogo che era stato dissacrato e che ora ritorna ad accogliere i fedeli nella povertà e semplicità.
L’altare è stato costruito a secco con le pietre dissepolte e poi liberate dalla terra. Intorno all’altare erano don Antonio a presiedere e don Maurizio e P. Bertrand a concelebrare. Gesù ha voluto tornare a immolarsi in questo luogo per dare ancora grazia e forza al suo popolo.